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al testo di Giuseppe Meluccio
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Gli occhi dell'eclissi
Non dici nulla a tua moglie, sdraiata accanto a te. Già declina il sole miliardario d'anni sulle tue umili spalle, accarezzando tiepide le acque, adagiandosi splendente sul blu. La schiena a scudo hai contro il tramonto - eclissi -, rannicchiato comodamente con le ossa sulla pelle languida. E così immobile vai la vita, che non osano i grigi peli di marmo assecondare la brezza, o trasudare insofferenza al cangiante sfondo. Atomo di pace sospeso sulla sabbia in inviolabile posizione. Sei terribilmente calmo, crei con lo sguardo orizzonti alternativi.
Non dici nulla a tua moglie, ma le canti ore di silenzio. Cantano vita i tuoi occhi e non la vita delle persone, che dolcemente si rivela nella polvere atemporale delle mani, nel luccichio delle tue rughe. E cosa sono i sogni dei tuoi anni se non dilatazioni del profondo cielo? Ma ormai chiama il tempo: ai letti, ai cartellini, alle poltrone, al fumo; chiama tutti a smorta vita prenatale. Si allontanano gli schiamazzi agonizzanti degli ultimi ombrelloni, gli schizzi di spensieratezza, i riflessi di felicità, al rapido desertificarsi della spiaggia; si allontanano dalla tua commovente effigie che invece resta, resta placidamente ieratica. Resta.
Non dici nulla a te stesso, né a me. Eppure mi scateni nelle viscere un fuoco siderale, una sovracoscienza cosmica che mi universa, collegandomi a ogni singolo quanto del creato. E vibro di vita fino all'ultima stringa, in superna bellezza. Nondimeno ora le nostre presenze si separeranno. Io andrò verso più ampi spazi umani, inverando la vita, tu verso esterni residui. Troppa è l'attesa della vita per chi non sa morire. E ogni cielo mi sarà culla, sollievo ogni istante trapassato. Perché con la tua detonante epoché mi hai eclissato tutto il male.
Zambrone, 17 agosto 2016
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Traguardo
Ho atteso a lungo il tuo arrivo, giacendo nel guscio della vita, ti ho disegnato dentro lo specchio, ho rincorso la scia brillante nell’ombra prepotente della paura.
Lento ha imparato a volare il vento: inalato il catartico respiro della fiamma, affilate le piume di cartapesta, annichilite le catene occulte. Volano finalmente ali di fuoco.
E nel circolo senza confini si mescolano nero e bianco, partorendo vita, mentre tra le sabbie mobili si leva un obelisco di luce. Così subdole nubi contorte lasciano elegantemente spazio a un reticolo di serenità.
Adesso la valigia è più pesante, ma nulla è rimasto, oltre a riflessi di vuoto: l’ho riempita pian piano buttando via ogni sassolino.
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Argento vivo
Mi specchio in una goccia di mercurio, delicata perla di metallo, contemplo in silenzio il mio riflesso spurio.
Riflettere dilatandosi nella gabbia di vetro, solido mutevole vigoroso liquido. La tensione superficiale rivela il chiaroscuro dell'anima.
Mercurio scorre nelle mie vene, di elettricità pulsa la mia pompa. Vivo argento.
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Dente di leone
Ho la forza di un dente di leone
E sono il vulcano dentro la lacrima il caos incastrato in una rondine
Cresco nelle fenditure del mondo
E sono il frattale del cambiamento la marea d'oro tra vita e vita
Germino nelle vampate del vento
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Fluttuiamo senza gravità bussiamo nella pancia del mondo cerchiamo ciò che non possiamo vedere per poi finalmente attraversare la nube di Oort
[ Da L'enigma cosmico, La Vita Felice ]
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